Amore e Psiche: una storia d’amore scolpita nel marmo.
Amore e Psiche: una storia d’amore scolpita nel marmo.
Quella tra Amore e Psiche è una delle leggende d’amore più belle di sempre. Fu scritta, nel II Secolo d.C, dallo scrittore latino Apuleio nelle sue “Metamorfosi”. Metafora dell’eterna battaglia tra razionalità e istinto, tra cuore e cervello, la leggenda racconta la storia del Dio Amore (Cupido) e della bellissima Psiche:
“Vi erano in una città un re e una regina. Questi avevano tre bellissime figliole. Le due più grandi, avevano un aspetto leggiadrissimo, mentre la splendida bellezza della minore non si poteva descrivere”. Psiche era una fanciulla incredibilmente seducente. Ciò scatenò le gelosie della dea Venere che, invidiosa della bellezza di quella che alla fine era solo una mortale, decise di vendicarsi con l’aiuto del figlio Amore. Amore avrebbe dovuto farla innamorare con le sue frecce di un uomo rozzo che non la ricambiasse. Non appena Amore prese visione della bellezza celestiale di Psiche se ne invaghì perdutamente e decise, con l’aiuto di Zefiro, di trasportarla nel proprio palazzo. Lì Psiche trascorse con Amore notti infuocate dall’amore e dalla passione senza tuttavia poter guardare il volto dell’amante: Amore, infatti, non rivelò mai la propria identità, per evitare la furibonda ira della madre Venere. Con tutto ciò, eccitata dalle sorelle, Psiche venne meno al patto e vide il volto dell’uomo che le travolgeva i sensi. In seguito a ciò Amore, preso dall’indignazione, si allontanò da Psiche, che fu gettata nello sconforto più totale.
Pur di potersi ricongiungere con il divino consorte, Psiche si dichiarò disposta ad affrontare una serie di prove per ottenere l’immortalità, superandole brillantemente, malgrado la loro atroce difficoltà. D’altronde, erano state organizzate da Venere che, presa dall’ira, decise di sottoporre la fanciulla alla prova più difficile: discendere negli Inferi e chiedere alla dea Proserpina di concederle un po’ della sua bellezza. Fu così che Psiche ricevette da Proserpina un’ampolla e, incuriosita, la aprì scoprendo con gran sconcerto che il vaso non conteneva bellezza, bensì un sonno infernale che la fece addormentare profondamente. Amore, una volta venuto a conoscenza del tragico destino dell’amante, si recherà presso Psiche e la risveglierà con un bacio.
E’ proprio questo l’attimo che Canova ha voluto eternare nel marmo con quest’opera commissionata nel 1788, realizzata in marmo bianco, levigato e finemente rifinito, sperimentando con successo il senso della carne, che Canova mirava a ottenere nelle proprie opere.
Tale opera è un capolavoro nella ricerca d’equilibrio. In questo squisito arabesco, infatti, le due figure sono disposte diagonalmente e divergenti fra loro. Questa disposizione piramidale dei due corpi è bilanciata da una speculare forma triangolare costituita dalle ali aperte di Amore. Le braccia di Psiche invece incorniciano il punto focale, aprendosi a mo’ di cerchio attorno ai volti. All’interno del cerchio si sviluppa una forte tensione emotiva in cui il desiderio senza fine di Eros è ormai vicino allo sprigionamento.
La scultura è esposta al museo del Louvre di Parigi.